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Monumenti ed Architetture a Ceva


Associazione Ceva nella Storia - Il Forte di Ceva: Chiese della Rocca del Forte

Il Forte di Ceva: Chiese della Rocca del Forte     Torna all'indice


Quasi tutti gli studiosi del passato che hanno investigato sulla storia di Ceva si sono espressi sull’ubicazione della … ecclesia b. Mariae Virginis de guardia extra muros oppidi Cevae… (chiesa della Beata Maria Vergine della Guardia fuori delle mura della città di Ceva), citata su un documento di papa Eugenio IV, del 17 maggio 1441.

Le varie ipotesi sono tra loro contrastanti e allo stato attuale non si dispone di riscontri certi per avallare le affermazioni di chi la volle esistente poco fuori le mura, nei pressi della porta della Madonna di Campagna in fondo al borgo Sottano o dei più che la considerarono eretta sulla Rocca che domina la città.

In questa sede ci si limiterà, con il supporto di fonti attendibili, alla descrizione dei quattro siti religiosi che sono stati di pertinenza della Fortezza, di cui uno sicuramente preesistente ad essa e che ci offre ancor oggi molti e pregevoli aspetti della sua consistenza. Di altri due rimangono ancora evidenti tracce, mentre del quarto non sono più reperibili vestigia, ma solo rilievi documentali. Sulla parete della Rocca del Forte sono ben visibili due grosse aperture ad arco di una grotta che si affaccia a picco sulla città e suddivisa al suo interno in un complesso di locali di cui due furono adibiti, non contemporaneamente, a cappella ed utilizzati in tempi diversi a servizio della guarnigione che stanziava nella fortezza.

Precedentemente alla costruzione del Forte, questi antri erano abitati da eremiti che sicuramente ne avevano destinato uno ad uso di chiesa, infatti di vecchio eremo parla il maresciallo Cossé de Brissac, nella relazione del 1553, quando al comando delle truppe francesi portò l’attacco al Forte di Ceva appena costruito.

Ormai da più di due secoli questa grotta è detta semplicemente Cappella del Forte.

Alcuni affreschi, di cui non è noto l’autore, che adornano il locale più ampio e luminoso vengono fatti risalire alla seconda metà del Quattrocento, gli altri sono attribuibili ai due secoli successivi. Tutto l’insieme dei dipinti è in condizione di elevata precarietà e costante deterioramento, ma tuttavia mantiene ancora una spiccata attrattiva.

Sulla parete di fondo vi è l’altare e una nicchia con una statua in gesso dell’Addolorata di fattura abbastanza recente, ai cui lati, a chiaroscuro, sono raffigurati la croce e la scala col lenzuolo della deposizione.

La volta presenta una parte con decori a scacchiera, Dio Padre, l’Assunta e varie figure di Angeli. In un locale che fungeva da sacrestia, a cui si ha adito dal lato destro, oltre ad una pregevole cornice in marmo per il tabernacolo, si notano due versioni di Madonna con Bambino l’immagine di due santi di difficile identificazione, pitture considerate frutto di una “cultura libera ed estrosa” non tipicamente locale. Molto probabilmente all’avvio di queste opere di abbellimento pittorico si provvide quando il luogo cominciò a diventare meta di pie peregrinazioni da parte dei cevesi, ma la sua strutturazione a romitorio doveva essere certamente precedente.

Sulla parete di destra sono rappresentati: un santo con libri e crocifisso, il beato Alerino Rembaudi, vescovo di Alba, San Francesco d’Assisi e San Bernardino da Siena, su quella di sinistra San Giacinto, l’arcangelo Raffaele, l’Annunciazione e San Sebastiano.

L’accesso alle spelonche piuttosto disagevole e la loro ridotta capacità ricettiva, unitamente ad un verosimilmente aumentato afflusso di fedeli, verso l’inizio del XVI secolo, portarono all’edificazione di una nuova chiesa fuori delle grotte. Come si è detto, molti storici del passato ne hanno evidenziato l’intitolazione alla Madonna della Guardia, perché fu eretta a protezione della città, proprio sulla rocca che la sovrasta e potrebbe aver recato con sé il titolo di altra preesistente più vicina ai … muros oppidi Cevae… forse andata distrutta in occasione di qualche calamità alluvionale.

In questa chiesa venne collocata la famosa statua lignea dell’Addolorata, ora ospitata in una cappella del Duomo, che esperti del settore considerarono “una pietà del Quattrocento con caratteri distintivi nordici ed espressioni stilistiche tratte da modelli liguri”. La chiesa non ebbe la possibilità di essere officiata per molto tempo, in quanto venne presto inglobata nelle strutture del Forte, che intanto era stato costruito ed attorno al quale si erano già combattute delle battaglie, che potevano aver arrecato danni allo stesso edificio religioso. Di questo si distinguono ancor oggi alcuni ruderi, nei pressi della scala di accesso alle grotte, costituiti da una parte di parete laterale in cui si evidenzia una colonna tonda in laterizio con base in arenaria.

É da segnalare inoltre, come sottolineato da quasi tutti i cultori di storia locale di un tempo, che all’epoca della distruzione del Forte (1801) presso questi ruderi venne rinvenuta una lapide marmorea, ora murata in una casa privata di Ceva, commemorativa di un giubileo concesso da papa Innocenzo VIII nel 1489, che concedeva l’indulgenza a chi avesse contribuito alla costruzione della nuova chiesa. Verso la fine del Cinquecento, però, venne sconsacrata e trasformata in fabbricato ad uso della fortezza. Infatti, nelle didascalie in calce a disegni, stampe e mappe, sia italiane che francesi, elaborate nei due secoli successivi, veniva chiamata: vieille église (vecchia chiesa), vieille église réduite en caserme (vecchia chiesa ridotta in caserma), chiesa vecchia e case herme. Un’ulteriore testimonianza di questa trasformazione è il fatto che la chiesa della Madonna della Guardia non compare più citata nella relazione della visita apostolica di monsignor Peruzzi del 1585.

Di conseguenza tornò ad essere frequentata e posta a servizio spirituale dei soldati del Forte la primitiva cappella in grotta, provvedendo alla realizzazione di un'ampia scala, di un corridoio per un più comodo accesso e al ripristino delle volte e dei vani accessori.

Si continuò con le opere di decorazione tanto che, pur non potendola elevare al rango di chiesa, pareva comunque sempre più improprio definirla “grotta”. Molto probabilmente in essa venne riposta la preziosa statua dell’Addolorata, il che portò a far decadere progressivamente il riferimento alla Madonna della Guardia, dando inizio al culto, ormai plurisecolare e fervido tuttora nei cebani, per la Madonna Addolorata che non tardò a far individuare con questo appellativo l’antica cappella.

Con il graduale ampliamento e potenziamento dei baluardi di difesa, anche la cappella e i vani adiacenti vennero racchiusi nell’ambito della fortezza e grazie alla loro collocazione in cavità sotterranea, quindi ben protetti, alcuni locali furono utilizzati come magazzini per la polvere da sparo. Tutto ciò portò a modifiche strutturali degli stessi e verso i primi anni del Settecento uno di questi vani fu adattato a nuova cappella. Questa si affacciava sul corridoio di accesso a quella più antica, era di architettura molto semplice, ma sono rimasti pochi elementi decorativi dell'originario abbellimento, con una nicchia sulla parete di fondo, che potrebbe aver ospitato anch’essa per un certo periodo la statua dell’Addolorata o quella del santo a cui era dedicata. La officiava il cappellano del Forte, che aveva il suo alloggiamento poco fuori dei sotterranei. Questo utilizzo promiscuo, religioso e militare, del sistema delle antiche caverne riadattate è comprovato dalle indicazioni che compaiono su vecchie stampe e planimetrie, dove sono riportate diciture come: Eglise de N.D. et magazin à poudre (chiesa della Madonna e polveriera), Eglise N.D. où sont les magazins à épreuve de la bombe (chiesa della Madonna dove ci sono i magazzini a prova di bomba), Logement de l’Aumonier (alloggio del cappellano), Caverna con chiesa e magazzini di monizione.

Un ulteriore riscontro di quanto detto si evince da un documento del 29 marzo 1728, dell’arciprete di Ceva Onorato Mari († 1742) che, in una corposa relazione al vescovo di Alba nella quale fornisce anche dettagli sulle chiese della parrocchia, indica presenti nella fortezza con celebrazioni di due messe nei giorni festivi, la chiesa della Madonna de’ sette dolori “… in spezie di santuario…” e quella di Sant’Antonio di Padua, provvista di suppellettili.

Questa, tra l’altro, è l’unica attestazione conosciuta con la quale è resa nota l’intitolazione della cappella settecentesca della grotta.

Ricerche condotte ultimamente presso l’Archivio di Stato di Torino, hanno portato all’individuazione di un quarto edificio religioso, di cui non si aveva mai avuto notizia, essendo sparita ogni concreta traccia della sua esistenza. Su una carta militare francese, molto dettagliata, dal titolo Camp retranché de l’Armée piémontaise appuyé au Fort de Ceva attaqué par l’Armée française le 30 germinale an 4 (17 avril 1796) et abandonné la même nuit (Campo trincerato dell’Armata piemontese supportato dal Forte di Ceva attaccato dall’Armata francese il 30 germinale anno 4 (17 aprile 1796) e abbandonato la notte stessa), realizzata a Ceva nel 1804 dalla sezione topografica al comando di Joseph François Marie de Martinel (1763-1829) è chiaramente indicato, a ridosso di uno dei bastioni della parte superiore, un St. Joseph, mai menzionato su nessun altro documento.

L’esistenza di una piccola struttura dedicata al culto, predisposta prima dell’invasione francese, è confermata da un elenco manoscritto di materiali compilato dal regio guardamagazzeni Quaglia il 9 ottobre 1794, che parla di «… formazione della nicchia che deve servire di cappella in testa alla casamatta destinata per l’ospedale sotto del cavallero…». Resta abbastanza facile intuire di conseguenza che, in previsione degli attacchi francesi al forte, si fosse pensato di allestire, in uno degli antri scavati nel tufo sotto la collinetta del cavaliere del forte, una sorta di infermeria di pronto intervento per i feriti, con annessa cappella a servizio spirituale di questi, che nelle loro condizioni non avrebbero potuto accedere alle altre più distanti. Il fatto che questi locali non fossero stati indicati sulle piante e i disegni fino ad allora redatti, ma solo sulla cartografia francese elaborata successivamente alla distruzione della fortezza in sede di rilevazione dei campi di battaglia e delle azioni militari della campagna del 1796, è giustificato dal loro quasi repentino approntamento nell’ultimo periodo di esistenza della fortezza stessa.

Il 29 aprile 1796 quando, in forza dell’armistizio di Cherasco, la fortezza venne consegnata ai francesi, il governatore Bruno di Tornaforte fece in modo che l’antico simulacro dell’Addolorata fosse affidato ai canonici della Collegiata e posto in una delle cappelle del Duomo, per preservarlo da eventuali atti di profanazione degli invasori.

Tuttora, ogni seconda domenica di settembre la preziosa statua è portata in processione per le vie della città e il lunedì successivo viene celebrata una messa, fino a qualche decennio fa nell’antica cappella della grotta, negli ultimi tempi sul piazzale superiore del vecchio Forte dove, a quasi cent’anni dalla sua distruzione, il 7 ottobre 1900 fu inaugurata la gigantesca croce, che nell'intenzione dei cevesi doveva continuare a dare alla città quella protezione che prima gli perveniva dal Forte medesimo e dagli edifici religiosi annessi.